GIOCARE A SCACCHI CON LA MORTE. CRONACHE DELLA SPERANZA
CAPITOLO QUINTO: IL PROPRIO POSTO NELLA SCACCHIERA
Soffiava il vento in una notte d'estate.
Una di quelle notti piene di stelle e senza luna: soffiava il vento.
La maggior parte dei pezzi dormiva sulla scacchiera.
Nessuno si era reso conto di quanto fosse ampia quella scacchiera. Nessuno aveva mai realizzato che il palazzo del Re, pur nascondendo tante stanze, ampi corridoi, tesori sconosciuti, opportunit insondate, fosse addirittura pi piccolo del campo da gioco della nostra battaglia.
Soffiava il vento e la Mano cercava di ispirare, di alimentare i sogni dei nostri protagonisti.
C'era tanto, tanto da fare!
Da una parte l'esercito aveva, s, conquistato terreno e consolidato le fortificazioni intorno alla posizione centrale. Ma dallaltra parte il rischio che il gigante avesse piedi d'argilla era sempre pi concreto.
Una finestra sbatteva all'ultimo piano e l una Torre non riusciva a prendere sonno. Cominciava ad essere irritata da quell' incessante, ripetitivo, ritmico scossone. Il motivo dellinsonnia tuttavia non era solamente legato allo SBAM dei piani superiori.
La Mano stava chiedendo decisamente troppo. Non si fermava mai, non conosceva tregua n fatica, al contrario dei pezzi. Dava ordini, indicava situazioni critiche, spostava equilibri, scoperchiava ogni angolo buio nei cuori dei Bianchi.
Gli alleati stavano capendo che era necessario diventare fratelli, ma questo non era certo un passaggio automatico. La fratellanza unarte antica e ogni arte ha bisogno di pazienza, di dedizione, di sacrificio e, soprattutto, di amore.
Come trattare quindi un tema cos delicato come quello dellamore senza cadere nel banale?
Siamo tutti fratelli!: bella favola! Vivici ventanni sulla stessa scacchiera e poi ce le vieni a raccontare le gioie del vivere insieme.
Larte della relazione non si insegna, si testimonia. E testimoniare vuol dire dare la Vita.
Lo spirito inquieto sal allultimo piano dell'edificio. La finestra aveva smesso di sbattere. Si diresse cos verso la terrazza. Le colline dormivano. Si affacci dalla balaustra. La brezza scherniva la preoccupazione della non pi giovane Torre. Che si sent stanca.
Era la Mano a muovere il vento pungente della sera, e nel vento cercava di rimescolare lunica idea che poteva dare consistenza ai passi fatti in avanti. Ogni buon conquistatore sa infatti che non sostenibile avanzare allinfinito. Bisogna sostare, capire e abitare le nuove conquiste.
Lo sapeva anche la Torre che con pazienza era diventata sempre pi alta, dopo essersi assicurata che ogni mattone fosse bene al suo posto ed in armonia con gli altri.
Il mucchio di mattoni pregava e cercava di decifrare le parole del vento, continuava a srotolare il suo ragionamento. Se la relazione si testimonia abbiamo bisogno del pi grande testimone mai esistito. Ma come si sceglie un testimone piuttosto che un altro?
Improvvisamente lilluminazione.
Girando tra le associazioni e durante la Messa si era accorta che la passione cera, la cura anche, alcuni gesti per non venivano capiti fino in fondo, alcuni ragionamenti non avevano un comune sostrato linguistico, necessario ad una comunicazione efficace. In guerra difficile coordinarsi tra alleati senza una lingua comune. Le guerre sono molto spesso vinte dalla gestione delle informazioni; i messaggeri sono una componente fondamentale di qualsiasi incontro e di qualsiasi scontro.
La Mano era riuscita a sussurrare lidea principe nel cuore della Torre: portare l'Eucaristia al centro, Ges come testimone, maestro di relazioni. Un nuovo spazio dove concepire lumano doveva trovare posto nel cuore dei giovani, guerrieri in prima linea.
E Il Re accolse le riflessioni della Torre. La sua dimora sarebbe diventata un luogo il cui centro era lEucaristia. Anche le finestre collaboravano a realizzare i disegni della Mano.
Il luogo centrale della battaglia ha bisogno di una sua profondit: scendemmo negli abissi della Vita, laddove lEucaristia lunico, insostituibile maestro.
Non fu certo unimpresa indolore.Tutti gli incontri delle nostre truppe, da quel momento, ebbero loccasione di celebrare, sempre e comunque, lEucaristia con un Salesiano: ogni campo, ogni uscita, ogni riunione; tutti: grandi e piccini; Eucaristia per tutti e tutti per lEucaristia. Pane dal cielo che diventava pane per il cielo.
La M! rabbrividiva.
I Bianchi, invece, grazie ai semplici riti eucaristici potevano imparare a rileggere tutta la loro Vita, singola e comunitaria, e acquisire il proprio posto nella scacchiera. Il pan di via, spezzato e mangiato per strada, diede ai nostri eroi la forza necessaria per continuare a combattere.