GIOCARE A SCHACCHI CON LA MORTE: CRONACHE DELLA SPERANZA
CAPITOLO NONO: L'ERRORE
Quando corri cadi.
Quando ascolti soffri.
Quando agisci sbagli.
Eravamo ben lanciati nella nostra partita. Avevamo recuperato spazi, ordine, posizioni. Non stavamo dando scacco al nemico ma, almeno, eravamo ancora in gioco.
E, stupidamente, commettemmo un errore. Quale?
Non ascoltammo in profondit le indicazioni della Mano.
Lei muoveva per vincere la partita.
Noi ci muovevamo per sopravvivere.
Capita nella vita di attraversare momenti cos bui e cos pesanti che, non appena torni a vedere un po di luce e riesci a rialzarti, quello che ti interessa di pi non tornare nellabisso della desolazione.
Non ti accorgi nemmeno che hai solo interrotto la decadenza e non hai ancora cominciato a volare.
Ti accontenti di non prendere pi botte.
Ti siedi dopo aver evitato di sfracellarti. Ci sta.
Ma nelle battaglie pericoloso.
La paura di scomparire ci aveva fatto rimanere sullobiettivo minimo: esserci. Ma la strategia della Mano era pi ampia. Non solo esserci, ma rinascere dallAlto.
Noi invece ci muovevamo sperando di tenere le posizioni acquisite e consolidate.
A scacchi c chi gioca guardando lontano e chi gioca inventando mossa per mossa. Nel secondo caso guardi alla scacchiera e ti chiedi quale pezzo puoi sottrarre al nemico, volta per volta, sperando di durare fino alla fine, quando gli eserciti si sbriciolano e restano i due Re, e pochi altri, a confrontarsi. Nel primo caso, invece, pensi in grande, ti muovi con destrezza e vuoi chiudere la partita vincendo, non resistendo.
Bene! Noi volevamo resistere. La Mano voleva rilanciare.
Noi ci accordammo con tutti gli alleati per mantenere le posizioni e sperare nello stallo. La Mano voleva iniettare nella scacchiera la Speranza.
La Mano fu brava a muovere in modo tale che dal male, nascesse un bene. Che dal terremoto del 2016, sgorgasse acqua nuova.
Ci eravamo accordati per appaltare ad altri alcuni spazi e alcune iniziative, in modo da recuperare risorse economiche e truppe. Questo, naturalmente, chiedeva alla Mano di fare un passo indietro, di dirigere le operazioni in una sorta di coordinamento delle manovre, la cui responsabilit era altrove. A noi arrivava pi sicurezza, pi tranquillit ma anche meno iniziativa e meno creativit: avremmo perso la nostra pi peculiare specificit, quella di essere una entit in grado di risorgere.
Il Terremoto spazz via ogni illusione di stabilit. Ai primi momenti di disorientamento seguirono le preghiere e le riflessioni: grazie al terremoto tornammo soli e spaventati, in un certo senso. E la Mano pot operare su ciascuno di noi.
No, non vi abbattete. Io voglio molto di pi per voi. Io voglio che voi sappiate interpretare in modo nuovo tutta la ricchezza che avete ricevuto in eredit dalla storia. Nulla di quanto avete ricevuto in dono andr perduto se saprete avere speranza. Vostro lIstituto, vostra la Chiesa, vostri anche gli impianti sportivi, vostro anche il Teatro. Tutti, Re e Regina, Alfieri e Cavalli, Torri e Pedoni avete tutto, e nulla deve essere consegnato ad altri, se non secondo le nostre modalit. Confidate nella Provvidenza e vedrete che nulla andr sprecato.
Fu cos che evitammo di commettere un errore strategico fondamentale: consegnare ad altri lonere - ma anche lonore - di vivificare la nostra eredit. Comprendemmo che questa doveva e poteva essere una nostra scelta non una fuga: affidare e confidare negli altri per scelta, non per depressione.
E facile, quando si gioca sul serio, accontentarsi del risultato acquisito a met partita. Pi difficile tenere lo sguardo sulla strategia di lungo periodo: ma c molto, molto pi gusto.
E noi ora stiamo godendo la nostra partita. Grazie Mano.
FINE CAPITOLO NONO
L'audio-racconto
Speciale/ approfondimento prima parte
Speciale/approfondimento seconda parte
Se non lo avete ancora fatto, leggete l'ottavo capitolo della nostra storia.