Appare sempre più chiaro che un giovane ventenne oggi non usa più questa espressione: BENE COMUNE.
Come mai?
Tralasciando ad un prossimo post le riflessioni che si possono fare sulla parola BENE ci lanciamo decisamente verso quelle che riguardano la parola COMUNE. Comune è l'aria che respiriamo. Comune è la città in cui viviamo. Comune è il destino della nascita e della morte. Comune è il tempo delle vacanze di Natale. Comune è il desiderio di vivere.
Comune significa ciò che appartiene a tutti, ciò in cui tutti si riconoscono, ciò che usano tutti, ciò che tocca tutti. D'altro canto non respiriamo tutti allo stesso modo, con lo stesso ritmo, con gli stessi polmoni. Non viviamo tutti la città negli stessi istanti, per gli stessi motivi, con lo stesso stile. Un giorno uno nasce e muore un altro e quando io gioisco per la nascita, tu piangi per la morte, e viceversa. E il Natale, con le sue vacanze... uno crede in Gesù un altro nella bontà; a uno basta che non si vada a scuola ad un altro serve come il pane avere un periodo di spese e di consumi eccezionali.
Si fa presto a dire COMUNE!!!
Anche la strada è un bene comune ma ciascuno la usa come vuole quando vuole e per quello che vuole. E quindi?
Non so cosa dire. Comune è una parola inspiegabile se non andiamo alla radice. Come è nata? Quando si è usata? Come si è diffusa?
Senza essere degli esperti tutti la associamo all'esperienza medievale della responsabilità condivisa nel governo di una piccola società. Legami forti, quindi, nel dare e nel ricevere. Obblighi e diritti di partecipazione. Riferimenti riconosciuti a cose, eventi e speranze che incidono sulla vita di ciascuno. Un corpo unico, allora, di cui si fa parte con il ruolo di membra. Un corpo che si muove come una UNITA', che agisce con diverse componenti in una unica direzione.
ECCO IL PUNTO!
Come è difficile oggi per un giovane vedere persone legate dalla reciproca fedeltà, che guardano e agiscono in un' UNICA direzione. E' più COMUNE l'esperienza della individualità che si rivolge a se stessa. Abbiamo tutti in comune la solitudine del nostro sguardo: siamo tutti soli con il nostro cellulare, con le nostre foto, con le nostre speranze e con le nostre sofferenze. La SOLITUDINE è COMUNE. Tutta la vita oggi può essere spesa a capire se stessi, promuovere se stessi, difendere se stessi, riprodurre se stessi. Una enorme quantità di individui, con enormi possibilità di realizzare sogni propri, con enormi pesi da portare da soli. Solo un male? Mai: se esiste, ciò che esiste può essere una via per la vita buona.
E questo sembra un bel punto di partenza: il BENE COMUNE oggi può nascere dalla solitudine riconosciuta come esperienza di tutti.
Caro giovane, se vuoi scoprire il senso odierno della parola COMUNE parti dalla tua solitudine: in questa esperienza potrai incontrare qualcun altro che come te vuole andare oltre la propria torre d'avorio e costruire un ponte COMUNE.
Non siamo fatti per essere soli: per questo anche la solitudine e l'individualismo possono diventare occasioni di vita COMUNE... se si accetta di USCIRE: da cosa? Verso dove? Qui inizia l'altro post.
Alla prossima volta!