Anche questa volta Giacomo avvia la sua riflessione a partire da due frasi del nostro articolo di riferimento iniziale, quello di Aczel su Avvenire. A voi la lettura.
I veri limiti della scienza
"Dal punto di vista matematico, è stato dimostrato che ci sono “fatti” entro qualsiasi struttura della matematica che rimarranno per sempre fuori dalla nostra comprensione, oltre la nostra conoscenza, al di là della nostra portata"
"E anche se potessimo in qualche modo ottenere tutta la conoscenza sull’universo, probabilmente non potremmo andare oltre"
Bentornati. Se ricordate bene l'ultima volta vi era stata promessa una discussione sulle vere difficoltà che si oppongono al raggiungimento di una comprensione totale dell'universo tramite il metodo scientifico. Ripartiamo quindi verso una maggior consapevolezza della scienza e dei suoi limiti.
Concentriamoci sulla prima citazione dell'articolo: è stato dimostrato che esistono alcuni fatti al di là della nostra portata? Come si può dimostrare una cosa del genere? Tale dimostrazione dell'incompletezza dell'artimetica, cioè dell'impossibilità di dimostrare alcune proposizioni, fu data dal matematico austriaco Kurt Godel nel 1931. Una forma estremamente semplificata del teorema può essere questa: prendiamo la proposizione (che chiameremo G) "io non sono dimostrabile". Se G fosse dimostrabile sarebbe falsa, il che porterebbe a una contraddizione poiché tutte le proposizioni dimostrabili sono necessariamente vere. Perciò G è vera e quindi non dimostrabile. Visto? E' vero che la ragione (e quindi la scienza) non spiega tutto! Tuttavia prendiamo con le pinze i divulgatori pseudo-scientifici che gonfiano smisuratamente il teorema di incompletezza arrivando a dire, come fa lo stesso Amir D. Aczel nel suo articolo, che questo comporta necessariamente l'esistenza di realtà "fuori dalla nostra comprensione". Piuttosto, comporta necessariamente l'esistenza, in diversi rami della matematica, di congetture, o problemi indecidibili, che resteranno sempre indimostrabili ma lungi dall'essere incomprensibili e inconoscibili.
La seconda citazione, apre a un tema che Aczel avrebbe dovuto sviluppare maggiormente: il dogmatismo scientifico. Nonostante il nome sembri alludere a una degenerazione della scienza, non si tratta di ciò. La scienza, contrariamente a quanto si pensi, è tanto dogmatica quanto la teologia: ogni disciplina scientifica ha i suoi assiomi, o postulati, delle affermazioni indimostrabili (perché intuitive) attraverso cui si dimostrano i teoremi. Ad esempio in geometria è un assioma "tra due punti qualsiasi è possibile tracciare una ed una sola retta". Tramite questo e altri quattro assiomi si può dimostrare, ad esempio, che gli angoli di un quadrato sono tutti retti. Ma chi garantisce la validità degli assiomi? E chi garantisce la validità delle regole che permettono di utilizzarli per ricavarne teoremi? Potranno anche essere evidenti (cosa non sempre vera), ma nel momento in cui si fornisce questa motivazione si stabilisce automaticamente un ulteriore assioma, ancora senza garanzia di validità. Come già aveva capito Blaise Pascal nel XVII secolo, la ragione deve piegarsi anche questa volta.
Perciò, la prossima volta che sentiamo dire che la scienza può fornire una conoscenza senza limiti, fermiamoci un attimo. Aczel, chiama le persone che condividono questa tesi Neoatei. Ma chi sono? Che visione hanno della scienza e della fede?