Il silenzio luogo di Dio

Il silenzio luogo di Dio

La Quaresima è certamente un tempo di Grazia, un itinerario che ci conduce al centro dell'evento cristiano che si identifica con la Persona di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, che nella Pasqua offre la sua vita al Padre per noi. L'incontro con Lui, il Risorto, Signore della vita, lo si realizza in un dialogo intimo e sincero che va oltre le parole, in quel mistero del "silenzio" in cui Dio che è l' Amore ama svelarsi e lasciarsi trovare da coloro che lo cercano.

In questo l’esperienza di solitudine degli antichi monaci che si inoltravano nel deserto, interpella ancora fortemente una società come quella odierna, dove ogni spazio e momento è come "imbottito" di iniziative, suoni, attività,  e dove il raccogliersi in sé, per far emergere ciò che sgorga dal profondo del cuore, è tendenzialmente disatteso o crea sgomento e paure. Oggi c’è il timore di inoltrarsi nelle proprie profondità: ci si potrebbe scoprire vuoti di quell’armonia interiore che ci pacifica con il creato e i fratelli, quell’armonia cosmica che gli antichi monaci alimentavano e difendevano proprio nella ricerca solitaria di un faccia a faccia con se stessi e con Dio, l’unico sommamente cercato e amato.

 Come Gesù anche il monaco si inoltrava nella solitudine del deserto per essere tentato dal diavolo, per stanarlo, per ingaggiare con lui un combattimento, per vincerlo e per aprirsi la strada alla ricerca di Dio.

Ciò che motiva fondamentalmente il monaco alla solitudine è chiaramente l’amore per Dio. Spinto dall’amore di Cristo lascia tutto per mettersi radicalmente alla sua sequela. E nel grembo del silenzio, liberato dalle “guerre” dell’udire, del parlare e del vedere è capace di percepire più chiaramente ciò che esce dal cuore, centro della sua personalità: gli affetti, i desideri, gli attaccamenti profondi, l’orientamento del proprio agire.

Da qui comincia il cammino, cercando di rimuovere le incrostazioni, le seduzioni del  potere delle ricchezze, combattendo il male presente in sé e attorno a sé, in una chiara presa di posizione contro la logica del mondo. Tutto ciò però non è in vista di un’auto pacificazione interiore ma di un incontro e di un colloquio con Dio che permea il tempo, lo spazio, il creato intero.

La solitudine e il silenzio del deserto, che generalmente incutono rispetto e timore, diventano così per il monaco, paradossalmente, il luogo del colloquio più familiare e intimo con Dio. L’uomo spogliato di ogni maschera, ritrova la verità di se stesso, la pacificazione interiore, una rinnovata capacità di dialogo con il Creatore, e al suo cospetto trova il senso pieno della propria esistenza in una frequentazione abituale che fa di lui un vero e proprio uomo spirituale, un vero contemplativo che sa guardare il mondo con gli occhi  di Dio, con la luce nuova che è quella dello Spirito.

I primi monaci hanno così affermato che solo in Dio è la pienezza della vita, che lui solo merita inequivocabilmente tutto, e che la realtà costitutiva dell’essere stesso dell’uomo è la relazione con Dio. Il deserto era  dunque per il monaco  un luogo concreto, uno spazio e un tempo privilegiato per percorrere questo cammino di unificazione con Dio.

E noi, oggi, quali spazi siamo disposti a concedere al Signore della vita?

Mi sembra questo l’interrogativo, il monito prepotente che come eco giunge a noi da quei tempi lontani: un appello perché Dio non sia totalmente estromesso dal nostro quotidiano.

L’oggi che il mondo vive è frenetico, ci si muove a ritmi altissimi dettati dalla sete di potere e di guadagno e la vita scorre come dentro un ingranaggio che l’uomo si è costruito, ma che non possiede più pienamente e non sempre riesce a controllare. L’uomo è diventato schiavo di se stesso, del suo lavoro, della sua fretta, del suo frastuono e ha soffocando così la voce di Dio. Crede di potersi realizzare a prescindere da Lui anche in nome di un equivoco senso di libertà di cui tutti sono avidi.

In questo momento della storia, il monachesimo primitivo nella sua forma eremitica continua ad affermare inequivocabilmente il primato di Dio, Vita della nostra vita, e ricorda a tutti che senza intimità con Cristo e con la sua Parola e senza impegno ascetico di purificazione non è possibile un autentico cammino di santità. E’ dunque più che mai necessario far tacere i rumori intorno a sé e riservare un “deserto” nelle città del terzo millennio, un deserto di solitudine e silenzio perché l’incontro faccia a faccia con se stessi e con Dio possa continuare ad avvenire.

E nel silenzio del mondo Dio viene, irrompe con il suo Spirito, feconda la nostra vita, rendendoci portatori di quella luce che è la vita del mondo perché anche nell’oggi si rinnovi il miracolo di uomini e donne spirituali, veri e propri indicatori del cammino che conduce a Dio.

Anche Papa Benedetto XVI - il 4 luglio 2010 - di fronte a circa 800 giovani radunati nella cattedrale di Sulmona, rievocando la figura di S. Celestino V ricordava il bisogno di riscoprire oggi, come valore perenne, "la capacità di ascoltare Dio nel silenzio esteriore e soprattutto interiore".

Potrebbe essere questo un piccolo impegno per questi giorni che ci separano dalla Pasqua: imparare a vivere qualche tempo di silenzio per essere capaci di ascoltare la voce del Signore fermandosi alla sua presenza.