Per chi si sente forte la Casa è come una prigione. Per chi si sente debole la Casa è come un rifugio.
Chi è sicuro di sé, esce di Casa. Chi è incerto di sè, si rintana in Casa.
La Pasqua degli ebrei è l'esodo verso la Terra Promessa. La Pasqua di Gesù è la porta verso l'Eternità.
Noi cristiani non ci sentiamo né forti della nostra forza, né deboli della nostra debolezza: siamo serenamente affidati. Nella nostra profondità riposa il desiderio assoluto della Casa del Padre in cui siamo stati creati, da cui siamo stati allontanati e a cui torneremo un giorno indefinito della nostra storia. Tutto ciò che su questa terra ci parla di questo desiderio è un anticipo di Casa per noi. Tutto ciò che ci allontana da questa nostra meta recondita è anticipo di disperazione. In fondo ogni partenza, ogni trasferimento, ogni viaggio è stupendo quando allarga gli orizzonti della nosta Casa. Ogni avventura, ogni incontro, ogni conoscenza che ci allontana dal desiderio originario della Casa Paterna ci fa sospettare anche della nostra piccola casa terrena.
La Pasqua è un rito insignificante per chi trova la propria soddisfazione nelle consolazioni di questo mondo: se uno si sente pieno delle distrazioni, anche affascinanti, di questo tempo secolare vedrà come incomprensibile il desiderio di ulteriorità. Quando pensiamo che il Paradiso è concreto solo su questa terra, per i pochi che se lo meritano con le loro imprese, beh, non c'è Pasqua che chiami: al massimo ci attira l'inizio di una nuova primavera, in cui potremo seminare i germi delle nostre nuove imprese annuali. Un autentico paganesimo naturalistico: come la natura rinasce per una nuova stagione, così noi rinasciamo per un nuovo nostro risultato da raggiungere. Una sorta di ripetitivo ritorno dell'identico che ci fa illudere di salire un gradino in più. E invece ci avviluppa nel materialismo.
La Pasqua cristiana, invece, è un passo in più verso Casa, perché la nuova stagione illumina un angolo nuovo del nostro cuore, nella storia d'amore tra noi e il Padre Eterno (quello che ci attende a Casa). In fondo noi siamo sempre e solo Figli, che imparano ad amare da chi li ha amati per primo. Se questa dinamica fondamentale entra nelle nostre azioni come il timbro originario, allora si che ci sentiamo custoditi, sorridenti, speranzosi. Invecchiare, quando si è figli così, significa solo crescere. Il peggio della vecchiaia, ovvero il deperimento della nostra natura corporea, diventa il segno della nostra maturazione umana che si conforma sempre meglio alla nostra dimora. Un cristiano invecchia a suon di Pasque: tante più rughe e tanta più luce nei suoi occhi, sempre più vicino a Casa. Più lungo è il tratto di strada dietro di noi, più corto è quello davanti a noi. E più uno si è sempre sentito debole della sua umiltà di figlio più si sentirà grande della forza del Padre.
La Terra Promessa dei Cristiani è il Paradiso! Un pezzo di Paradiso aggiusta sempre tutto - diceva don Bosco! Questa è la nostra Pasqua: l'amore è tanto grande da morire in Croce; ed è tanto vero da Risorgere. E noi lo desideriamo tanto profondamente da celebrare la Pasqua. Non come gli Ebrei che sognano la terra su questa terra e la casa tra queste case; ma come Gesù che ha trovato una famiglia su questa terra (ma è Figlio del Padre che è nei cieli) e ha trovato un volto in questo tempo (ma è il volto dell'eterna novità).
Dolce mistero tra i nostri desideri più profondi.
Buona Pasqua. Buona vita. E buon ritorno a CASA!!!