Quando ero bambino mi facevo raccontare da mio nonno le storie e le avventure che lui aveva vissuto durante la seconda guerra mondiale, la paura di incontrare i Tedeschi, gli amici che aveva perso e la grande difficoltà che aveva avuto nel lungo viaggio di ritorno dalla Corsica verso casa. Ci passavo le ore ad ascoltarlo, spesso si commuoveva, ma alla fine di ogni suo racconto non mancava mai la frase: "La guerra è finita! Ed io sono vivo.”
Oggi non siamo in guerra, ma purtroppo combattiamo contro un nemico invisibile e insidioso, che ha messo in ginocchio il mondo intero e che ancora subdolamente influisce nella nostra vita costringendoci ad abbandonare la cosa che forse ci sta più a cuore: la naturale tendenza dell’uomo ad associarsi e ad entrare in relazione con gli altri.
Non siamo stati creati per stare da soli e in questi mesi lo abbiamo sperimentato bene.
Questa pandemia ha visto raccolti attorno ad un unico tavolo tutti i potenti della terra, ci ha fatto ragionare sulla fragilità dell’uomo e mostrato l’intreccio sottile che esiste tra bene comune e il bene di ciascuno.
In questi giorni i social parlano solo di quarantena e lockdown, due parole che ancora suonano come una sfida e una minaccia per la nostra libertà e rendendo più incerto questo tempo. Ancora non siamo usciti fuori dalla tempesta, ma il nostro porto sicuro deve essere sempre Cristo, l’unica vera speranza.
In questo momento così difficile è necessario che riprendiamo in mano la nostra vita, senza timore, cercando di spendere le nostre energie verso i più fragili e bisognosi.
La ripresa delle attività scout, anche se con mille difficoltà organizzative, ci da’ la possibilità mantenere vivo il contatto con i ragazzi e con le loro famiglie. Vivere il cortile, con sicurezza, è una priorità. Siamo consapevoli che lo scoutismo del passato non è più possibile, ma dall’inizio dell’anno pastorale svolgiamo le riunioni cercando di dare spazio a tutti e trovare il modo di reinventare la proposta scout stimolando la creatività per essere pronti a nuove sfide educative.
Il Papa ci invita non a ritornare alla cosiddetta “normalità” ma a rigenerare la società, rendere questo mondo più vivibile per tutti.
E’ un virus che non conosce barriere, frontiere o distinzioni culturali e politiche, ma se ognuno di noi fa la sua parte, con l’aiuto di Dio, riscopriremo l’attenzione alle piccole cose, il valore dell’essenzialità e magari capire ciò che è necessario togliendo tutto il resto, che è superfluo.
“Duc in altum”, andiamo avanti sperando che tutto questo non sia vano, fidiamoci ed affidiamoci al Signore.
(di Leonardo Giusti)