I festeggiamenti per San Giovanni Bosco appena passati ci hanno permesso di vivere tante emozioni e tanti incontri che ci rendono consapevoli della bellezza e della grazia che viviamo ogni giorno nella nostra Casa.
Perché il sogno educativo di Don Bosco continui e per continuare noi a sognare abbiamo pensato di pubblicare l'omelia di Mons. Nazzareno Marconi perchè le sue parole diventino ricchezza condivisa in tutta la Comunità Educativa Pastorale.
Omelia 31 Gennaio 2022 - Solennità liturgica San Giovanni Bosco
Il progetto educativo di don Bosco si fonda su una formula che ha ancora oggi pieno valore, l’ha evocata anche ieri il Rettor Maggiore dei salesiani nel corso della sua omelia trasmessa in TV dicendo: “Don Bosco, che amava tanto Dio e il Signore Gesù, ha cercato con tutte le sue forze e lungo tutta la sua vita di avvicinare Dio ai giovani, e di prepararli per la vita”.
Le parole di don Bosco erano: “formare onesti cittadini e buoni cristiani”. Padre Guglielmo Malizia, uno dei padri fondatori dell’Università Salesiana di Roma, in una conferenza di una quindicina di anni fa parlava di “formare costruttori della città e uomini credenti”. Quello che è interessante del pensiero di don Bosco è il legame tra i due aspetti, che ritengo sia tuttora molto valido, pur sapendo che la realtà e la visione della città del suo tempo, come anche la comprensione della fede cristiana, avevano caratteristiche e sottolineature diverse da quelle di oggi.
Il rettor maggiore Chávez Villanueva nel 2008 notava che la pedagogia di don Bosco si fondava, allora, su una visione di uomo, di cittadino e di cristiano tradizionale, semplice, propria di un’epoca storica che non è più la nostra. E lanciava una sfida culturale ai Salesiani, ma anche alla Chiesa: “la ben nota formula di ‘onesti cittadini e buoni cristiani’ è oggi da rifondare sul piano antropologico e su quello teologico, è da reinterpretare storicamente e politicamente. Una rinnovata antropologia dovrà individuare, tra i valori della tradizione, quali siano da sottolineare nella società post-moderna e quelli invece nuovi da proporre; una rinnovata riflessione teologica preciserà i rapporti tra fede e politica, educazione e impegno sociale, politica e società civile”. Erano quasi quindici anni fa! A che punto siamo? Permettete che faccia qualche considerazione un po’ sopra le righe.
Il cammino della Congregazione Salesiana, come quello della Chiesa, si è sviluppato negli ultimi 50 anni, vissuti ormai a cavallo tra i due secoli, con una grande attenzione alla formazione. Mi sembra però che: una volta letta la società degli anni ’70 come un contesto sociale dove la cultura cristiana era ancora forte e maggioritaria e da ciò conseguiva come forte e maggioritario lo stile di vita cristiano, si è andati avanti tranquilli, senza chiedersi seriamente quanto la società stesse realmente e profondamente cambiando.
In quel contesto di maggioranza cristiana degli anni ’70, sembrava che la cosa più urgente fosse formare “il cittadino onesto”, dando per scontato “il buon cristiano”. Ho l’impressione che nella Chiesa oggi si pensi ancora poco e che stiamo ancora camminando sulle idee elaborate dalla generazione degli anni ’70. Anche perché nella Chiesa, più che nella società, sono ancora alla guida gli ottantenni. Splendidi ottantenni, ma non sono certo nelle condizioni migliori leggere l’oggi e progettare il futuro.
Senza essere catastrofisti, la società attuale va però letta con chiarezza: oggi i valori cristiani di fede, speranza e carità non sono più i fondamenti della cultura e dello stile di vita della grande maggioranza degli italiani.
Leggendo questa realtà ne consegue che per realizzare oggi il progetto educativo di don Bosco dobbiamo avere la preoccupazione primaria ed urgente di formare il cristiano, senza certo dimenticare la formazione del cittadino. Non si può dare per scontata la formazione cristiana, che non è certo il semplice trasmettere delle nozioni di catechismo. Se la Chiesa di oggi non forma cristiani e cittadini di qualità secondo l’intuizione di don Bosco, i soli cristiani di domani saranno quelli formati da chi si preoccupa certo di creare nuovi cristiani, ma dentro un pensiero “a-sociale” o peggio “anti-sociale”.
Il pensiero di don Bosco non permette: da una parte di ridurre la fede a fatto privato ed intimo, dall’altra di farne la base per la costruzione di una cittadella cristiana fortificata e chiusa dentro la città di tutti. Due pensieri assolutistici: il primo troppo laico, il secondo troppo religioso che potrebbero, per quanto sembri strano, trovarsi alleati. Se questo avviene sarà un grande male, sia per la società che per la Chiesa. Come dare concretezza a questo richiede pensiero e vita, non si può infatti progettare in astratto un tale percorso per poi realizzarlo.
Le letture di questa celebrazione ci possono aiutare.
Nella prima lettura si fonda tutta la vita di fede in una relazione stretta tra Dio ed il suo Popolo. Non c’è posto per una visione intimistica e privata della fede. Mentre si cammina con Dio, si cammina entro un popolo che, passo dopo passo, costruisce la sua fratellanza. Nella seconda lettura Dio custodisce i nostri pensieri in Cristo, una bellissima immagine della vita di fede, ma questi pensieri si declinano subito nella concretezza del vissuto umano e sociale come pensieri di “tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato e virtuoso”.
Infine nel vangelo Gesù mostra il bambino come modello del cristiano. Il bambino non si guarda indietro con nostalgia e rimpianto, perché non ha un passato da rimpiangere. Il bambino cammina avanti, accetta l’aiuto di chi gli tende una mano, trasmette la gioia di vivere e l’entusiasmo di fare. Poi il bambino fa piccoli passi e resta vicino alla terra, il bambino è umile, per cui come diceva S. Teresa di Lisieux “quando si è piccoli si è vicini alla terra ed anche se si cade non ci si fa mai troppo male”.
Auguri per questa festa e per un impegno educativo che continua. Non arrendiamoci nel cercare di tornare alle radici preziose del pensiero di don Bosco.