Sicuramente le vacanze di Natale, tra tutti i periodi dell’anno, è quello in cui godiamo di più le nostre quattro mura, la nostra amata casa.
Il freddo pungente di una ventosa giornata d’inverno diventa il perfetto complice della pigrizia, e ogni scusa è buona per vivere il rigenerante tepore casalingo.
La casa si riempie di luci, profumi, canti di gioia e soffici dolci, tutto è sospeso in un’atmosfera un po’ magica.
Se ci si fermasse un solo secondo per apprezzare gli infiniti dettagli sparsi per la casa, ci si meraviglierebbe come bambini.
La bocca rimane spalancata, gli occhi non smettono di roteare tra i diversissimi oggetti preziosi che compongono il tesoro dei nostri ricordi.
La madia con tutte le foto di famiglia urla i rimproveri di mia madre: “NON SI GIOCA A PALLONE DENTRO CASA!”. La cristalliera profuma di piatti appena lavati già non vede l’ora di essere utile ad un’altra cena. I divani sono ancora ammaccati a causa delle mille lotte tra me e mio fratello. Fuori un timido sole tiepido scalda il mio viso e porta il mio sguardo verso quelle montagne che mi hanno sempre fatto venire voglia di avventura.
Mentre ancora giro per casa in “modalità bambino”, nei molteplici luoghi che essa ospita, mi sorge spontanea una domanda:
“Perché la casa è così importante?”
“Cosa c’è che risuona così forte in me?”
E’ una domanda difficile da affrontare.
Una domanda così complessa che solo un bambino, ignaro del peso della risposta, può formulare.
La casa non è solo un miscuglio eterogeneo di oggetti ben disposti e infarciti qua e là da ricordi. Non è solo l’insieme delle colorate stanze che la compongono, nè le emozioni che proviamo vivendola. E’ permeata da qualcosa di molto di più.
“E che cosa sarà mai questo molto di più?”
Perdonate la mia insistenza, forse ha semplicemente ragione mia mamma, non ho mai superato quella fase infantile in cui preme fortissimo il bisogno di sapere perché.
Sono sicuro che “qualcosa di più” che anche Giacomo ha citato nel suo articolo abbia a che fare con quei tre sciagurati a cui è capitato di abitare con me.
Faccio l’ultima domanda:
“Cosa significa abitare?”
Questa è più facile, trovo una bella risposta citando Silvano Petrosino nella sua intervista “abito dunque sono”.
“Abitare è un modo dell’io di plasmare il mondo”
Ognuna ha il suo odore, la sua pelle, il suo sguardo, la sua storia, plasmata attimo dopo attimo. Ognuno di noi è l’orgoglioso custode di tutto questo.
Vorrei, se me lo permettete, proporvi un piccolo gioco. Prendetevi dieci minuti per farvi un giro tra le vostre quattro mura. Rincorrete il bambino che impazzava per i corridoi e individuate un particolare che vi emoziona.
Spero che giocare vi piaccia!