È primariamente un tempo di grazia quello che si apre innanzi alla nostra vita di fede: la Quaresima. È tempo di grazia perché il Signore ci dona lo spazio per poter presentare le nostre infermità, vederle guarite e ricevere la vita per non morire mai più.
L’uomo conosce il dolore, l’infermità, il peccato, il male e la sofferenza che colpiscono la sua esistenza e quella degli altri e cerca di liberarsi, di trovare una via di guarigione, ma incontra lo scacco del suo essere creatura. Ci sono ferite che non possiamo curare da soli, che non possono curare neanche gli altri, ferite innanzi alle quali l’uomo si scopre impotente.
Innanzi a questo scacco le possibilità sono due: cadere disperati nella logica del “nulla”, oppure mettersi con serietà in ascolto della pretesa di salvezza annunciata da Gesù.
Gesù si propone, non solo come l’unico che può farci conoscere pienamente Dio e donarci la sua salvezza, ma come il suo Figlio unigenito che si è fatto uomo per liberarci dal male. Egli è Dio e viene a consegnarci un messaggio il cui cuore è la sua onnipotenza nell’amore. Dio ci desidera fino al punto di essere disposto a sacrificare se stesso per liberarci dalle ferite della nostra esistenza, dal peccato. Questa è la sua pretesa e ne dimostra la verità amando fino a vincere la morte offrendoci l’eternità che da sempre desideriamo.
“Non ti ho amato per scherzo!” ripete il Crocifisso alla Beata Angela da Foligno.
Restano però delle resistenze dentro di noi: siamo abituati al nostro peccato, abbiamo imparato a “farci i conti”, pensiamo di poterla gestire; siamo convinti che a Gesù basta un “ti voglio bene” e che l’amore è per i folli o per gli strani personaggi chiamati “santi”; ci vergogniamo della nostra miseria – “neanche Dio può perdonarmi”, ecc…
Ma poi arriva una esperienza sconvolgente che libera il nostro desiderio di salvezza e di pienezza: l’amore. Quando scopriamo che un altro è pronto a donarsi incondizionatamente per noi, la luce si riaccende, la voglia di essere all’altezza di un così grande dono esplode, il desiderio della felicità si fa incombente.
Questa è l’esperienza di coloro che si lasciano guarire da Gesù, lo riconoscono come un amore credibile, o meglio sono ormai esperti della vita e sanno che Dio è l’unico amore credibile fino in fondo, anche oltre la morte.
Ma cosa significa guarire per non morire mai più? Significa, propriamente, che ci avviciniamo alla salvezza non per comodità o mera sete di libertà – ora mi confesso e poi via di nuovo “libero” a gestire la mia vita come mi pare, ora guariscimi Signore che ho mille “miei progetti da realizzare” – ma piuttosto per rimanere nell’amore di Dio, nella sua volontà che mi realizza a pieno, per essere testimone di un amore che sa di eternità. Infatti, non tutti ricevono la guarigione del corpo, ma a tutti è donata la salvezza dell’anima!
Questo ci rivela un altro piccolo ma decisivo “segreto”: siamo chiamati a vivere uniti a Gesù, alla vita di grazia – preghiera, incontro con la Parola, vita sacramentale, esercizio della carità – per servire il Signore e costruire il suo regno secondo l’originale e irripetibile missione alla quale ci chiama.
Alcune domande possono allora introdurci e accompagnarci durante la Quaresima:
- Signore mostrami la mia ferita, apri i miei occhi e il mio cuore perché possa affrontare la mia miseria?
- Signore salvami dal mio peccato, guarisci il mio corpo, la mia anima, i miei pensieri, le mie relazioni?
- Signore donami la perseveranza, la costanza per rimanere unito a te?
- Signore mostrami il campo della mia missione, come posso servirti Signore?