L'omelia del Vescovo Marconi del 4 novembre 2020 per i 130anni della nostra casa. Una piccola eredità di quel giorno, un progetto educativo a cui attingere sempre per essere padri che insegnano a vivere, per essere non solo presenze, ma luce in una realtà e in una società che faccia brillare tutto quello che è buono.
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La messa che stiamo celebrando, la messa votiva di don Bosco, si è aperta con la preghiera di colletta, in cui c'è una bellissima definizione di don Bosco che può essere d’ispirazione, non solo per i Salesiani, ma per tutti noi.
Don Bosco è chiamato infatti dalla liturgia padre e maestro dei giovani, ed è interessante che don Bosco non sia soltanto un maestro, cioè uno che insegna qualcosa ai giovani, non sia un educatore e basta, ma sia anche padre. Chi è il padre? La madre è colei che ci dà la vita, il padre è colui che ci insegna a vivere: così funziona la famiglia. La madre ti dà la vita, ti sostiene, ti protegge, ti accoglie e ti comunica la vita. Il padre ti insegna a vivere, ti insegna a vivere la vita in pienezza, a viverla bene. Per questo don Bosco è stato non semplicemente un maestro ma un padre, uno che aveva la passione di comunicare ai giovani come vivere bene, come vivere una vita bella, una vita positiva e costruttiva. Tutto ciò, stamattina mi ha fatto molto pensare, anche perché le letture di oggi, che sono capitate e non scelte apposta, parlano proprio di questo.
La prima lettura, le parole di Paolo ai Filippesi, ci parlano di un altro padre e maestro di questa giovane comunità di Filippi, ossia Paolo. Gli insegnamenti di quest’ ultimo alla comunità di Filippi potrebbero essere uno straordinario progetto educativo per qualsiasi Casa Salesiana. E ribadisco che è capitato a caso che ci fosse questo testo oggi. Dice Paolo: “Miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti”, ecco la capacità di seguire gli insegnamenti del padre e del maestro, “dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore”. Ma che cosa significa? Vuol dire vivere una vita piena, buona, bella e positiva. Dice difatti più avanti: “risplendete come astri nel mondo”.
Non è facile crescere bene, è una sfida per chi educa e per chi si lascia educare, per i figli e per i padri. E allora ci vuole reciproco rispetto e timore, che non è paura ma è coscienza che si sta facendo qualcosa di prezioso perché si lavora con una realtà preziosa. Pensate a coloro che intagliano le gemme, quando si lavora con una realtà preziosa, si ha timore. Si fanno le cose con attenzione, non si vuole rovinare quel capolavoro che è ogni ragazzo, ogni ragazza, ogni giovane. Perciò, questo timore deve guidare gli educatori, che devono aver cura di queste gemme preziose, e i giovani che devono a loro volta accogliere tutto quello che viene trasmesso come occasione di crescita, di maturazione e di miglioramento, perché si può ricevere in qualsiasi momento un insegnamento prezioso, che come dice Paolo “suscita il volere e l'operare”.
Sentite che bella questa frase di Paolo: “suscita il volere e l'operare secondo il suo disegno d'amore”. Dio ha un progetto d'amore, un progetto pieno d'amore per ognuno. C'è un disegno che Dio ha per ognuno. Noi siamo chiamati qui in questa Casa, nella Casa dei giovani, secondo l'insegnamento di questo grande padre che è stato don Bosco, ad aiutare ogni giovane a scoprire qual è il disegno d'amore che Dio ha per lui e fare in modo che possa realizzarlo. Continua Paolo, “fate tutto senza mormorare”, ci conosce bene… “e senza esitare”. Ecco, timore ma non paura, timore ma non immobilismo. Tante volte ci fermiamo quando si vive insieme, quando si vive costruendo qualcosa, perché è facile mettersi a brontolare e mormorare gli uni contro gli altri, ed è proprio questo ci blocca. Dobbiamo invece “essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa”.
Paolo ci sta dicendo che la realtà non è tutta rosa e fiori, difatti c’è anche malvagità, ma questo non deve essere una scusa: siccome tutti sono storti sono storto anch'io! No, siate luminosi figli di Dio, risplendete come astri nel mondo! Ci sono delle persone che hanno questo dono: quando entrano in un ambiente, quando incontrano o salutano sembra che si è accesa la luce, portano positività, calore e speranza. Questo è essere un giovane secondo il disegno di Dio, questo è l'obiettivo di ogni educatore che non vuole essere solo un maestro ma anche un padre. C'è uno che ti insegna a vivere, non ti insegna delle cose! Oggi siamo tutti specializzati, ognuno insegna delle cose. Ma chi ti insegna a vivere?
Essere padri vuol dire insegnare a vivere, insegnare a vivere come essere luminosi per gli altri. Tenendo presente che chi è luminoso subisce la sorte della luce.
Sapete cosa fa la luce? La luce fa brillare il bene ma scopre anche le cose che non vanno bene. In questo periodo, in Curia, stiamo facendo un po' di restauri e hanno cambiato le lampadine, le lampadine di prima consumavano tanto e non illuminavano niente, ora invece quelle a led consumano meno e illuminano tanto, e solo ora vedo tutti i difetti che ci sono nelle murature e lo sporco negli angoli. La luce rende tutto più bello, ma illumina anche tutte le rogne. Il Cristiano, infatti, è luminoso, ma qualche volta anche un po' scomodo. Ma noi siamo qui non per essere scomodi, siamo prima di tutto per illuminare, per essere luce. Come fare? “tenendo salda la parola di vita”, come dice Paolo, o potremmo anche tradurre così: aggrappandoci alla parola di vita, alla parola che dà la vita, che ci è consegnata e che è la straordinaria ricchezza di noi cristiani, che dobbiamo portare al mondo. State aggrappati a questa parola!