Il medico e statistico svedese Hans Rosling, parlando della nostra visione del mondo, amava sottolineare che «uno degli errori che facciamo è contrapporre “grave” e “migliore”». Proviamo a capire. Se andassimo a Torino e girassimo per la città, difficilmente vedremmo le stesse scene che Giovanni Bosco aveva davanti agli occhi appena diventato un don: le strade sono più popolate e la gente non ammira Superga attraverso una finissima fetta di salame, ma sorseggia sorridente il suo aperitivo o si gode un gustoso gelato. Il progresso ci ha fatto fare passi in avanti sia dal punto di vista sanitario che economico, la situazione è senza dubbio migliore e non possiamo che gioire di questi traguardi. Ma ciò non significa che tutto sia risolto, che il quadro non possa ancora essere allarmante.Siamo davvero sicuri di aver sconfitto il mostro della povertà? E se così fosse, perché, mentre noi ce ne vantiamo, Gesù dalla cima del monte, ci ricorda che sono «beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli». (Mt 5, 3)
Con gli Adolescenti della Compagnia del Savio abbiamo provato a riflettere su queste domande e, guardando alla realtà nella quale siamo immersi ogni giorno, ci siamo anche chiesti quali siano le povertà che ci toccano più da vicino e cosa potremmo fare per sporcarci le mani. Allora, in maniera quasi martellante, è emerso come una delle piaghe più gravi sia proprio la povertà valoriale, quella di molti giovani che “liquidamente” vivono inneggiando a un travisato e cinico “carpe diem”. Appare ovvio come il Vangelo non parli di questo, ma intenda la povertà quasi come sinonimo di libertà, perché soltanto se sono slegato dai beni materiali, dall’ossessiva apprensione per il giudizio degli altri, dalle opprimenti aspettative di una società che ci incoraggia a primeggiare, potremo realmente capire che il Paradiso non è per gli eroi ma per chi si fa dono e che lo si può gustare già qui, non tanto scoprendo chi IO sono, ma PER chi sono.
In questo senso, ci è sembrato opportuno vivere una giornata per prestare servizio a coloro che il mondo giudica poveri, ma in realtà ci si è accorti, piuttosto di essere andati a dare qualcosa, di aver ricevuto una bellissima e radiosa testimonianza di cosa sia la beatitudine.
Il racconto di questa esperienza da Cecilia Borgogna, Giorgia Pranzetti e Sara Ranzuglia: «Venerdì 15 novembre, noi ragazzi del primo superiore abbiamo trascorso un pomeriggio mettendoci al servizio dei ragazzi dei Nuovi Amici, un’associazione che organizza numerose attività per i giovani disabili. Nel corso del pomeriggio ci siamo divertiti giocando, ballando e facendo merenda con loro. La cosa che più ci ha colpito è stato vedere i loro volti pieni di gioia nel trascorrere del tempo con noi. Questo ci ha aiutato a capire il significato della frase “Beati i poveri in spirito". Quei ragazzi meno fortunati di noi hanno accolto le nostre attività con estrema felicità, cosa che noi non avremmo saputo fare e hanno fatto di ogni nostro piccolo gesto un grande tesoro».
Emma Baldoni, invece, assieme agli adolescenti del secondo, terzo e quarto, ha passato qualche ora con gli anziani di Villa Cozza. «È stata un’esperienza veramente emozionante e formativa. L’idea di poter aiutare gli altri ed essere umile, anche per poco tempo, mi ha fatto stare bene, sono tornata a casa con il cuore leggero. Fare compagnia a quelle persone anziane mi ha anche commosso, perché in diversi mi hanno detto di sentirsi molto soli e di voler morire. Quindi considero molto importante, sia per loro, sia per la mia formazione, il fatto di avergli regalato qualche momento di serenità e di averli distolti dalla loro tristezza. Spero di poter fare di più».